Lavoro nel futuro
a cura di Giuliano Gemma
Photo by Giuliano Gemma
La stazione Leopolda è quella delle grandi occasioni.
Firenze, 13 giugno 2019: la giornata è rovente, come pure gli animi delle
tantissime persone che affollano l’evento Imprese nel futuro,
tappa a cura di Confindustria Toscana
nell'ambito del roadshow di
Startupitalia Open Summit Summer Edition, che si tiene in collaborazione con
Digital Innovation Hub Toscana.
Intelligenza arificiale, start-up, data science, blockchain sono tanti dei temi affrontati
nell’openspace dell’ex-stazione.
Enrico Bocci, vice-presidente di Confindustria Firenze, ha appena chiuso i lavori
dell'evento. Gentile e affabile come al solito ci dedica un pò del suo tempo parlandoci
di futuro, industria e lavoro.
Quali settori dell’industria toscana stanno maggiormente investendo
nell’automazione, nell'intelligenza artificiale e nei Big Data?
Rispetto all’automazione le aziende tradizionali metalmeccaniche stanno
investendo in processi e macchinari legati all’informatizzazione.
E' chiaro che sarebbe una limitazione se cambiare significhi poi soltanto mettere i
processori nelle macchine.
Pertanto questo processo si deve sposare bene con i settori dei Big Data e
dell’Internet of Things.
E non dimentichiamoci che aprendo le strade all’internet delle cose
si aprono nuovi scenari per la sicurezza delle informazioni.
Ad esempio nuovi progetti pubblici e privati centrati sul turismo
si stanno affacciando ai big data ed al data mining per capire i flussi turistici
a partire dai dati provenienti dai cellulari. Sono informazioni importanti perchè riescono
a cogliere non solo il comportamento del singolo, ma spiegano i flussi delle persone che si
spostano sul territorio.
Le nostre aziende: come stanno recuperando sul mercato del lavoro le competenze necessarie
a questa innovazione?
E’ un problema, è una lotta a portarsi via le professionalità,
come prima della bolla della New Economy.
E questo non va bene perchè il mondo dell’università non riesce a formare
un numero adeguato di laureati pronti al mondo del lavoro.
Anche perchè oggi, parlando delle materie tecnico scientifiche, si assiste a questo fenomeno: molti studenti, anche
già dalla triennale, sono attratti dal mondo del lavoro e non arrivano laurearsi.
D’altra parte molti si stanno orientano verso il mondo delle start-up, cercando di creare le loro aziende.
Non tutte ce la fanno e per il tempo che ci provano non entrano
direttamente nel mondo del lavoro.
In questo scenario, sono ancora efficaci
gli attuali strumenti di aquisizione delle risorse umane?
Quelli on-line funzionano, anche perchè sono cambiati con la riforma del Job Act, sicuramente
per operatori già consolidati come LinkedIn,
che rimane comunque un social professionale.
Internet funziona anche per i fuoriusciti dal mondo del lavoro e che vogliono rientrarvi:
quarantenni, cinquantenni, sessantenni, ormai in pensione ma anche per importanti
manager che hanno così la possibilita di ricollocarsi.
Funziona molto il settore delle agenzie interinali, anche perché tenere una
persona un anno o due prima di assumerla, tramite un contratto di lavoro interinale,
rimane uno strumento interessante per le aziende, dato che alcuni degli strumenti
di recente introdotti
per il mercato del lavoro non sono così flessibili.
Anche per questo Firenze ha aderito a un network nazionale che si chiama
www.unimpiego.it che mette insieme domanda e
offerta per tutti i tipi di lavoro.
Ma a cosa stiamo assistendo qui?
Ad esempio nel settore informatico mancano le risorse umane, e non solo qui, anche
nel cosiddetto distretto del lusso di Scandicci
mancano centinaia, se non migliaia di esperti al taglio e cucitura della pelle.
Questo settore oggi non si può vedere più come una bottega artigiana: occorre conoscere
le macchine a controllo numerico, il
CAM (Computer-Aided Manufactoring)
ed il
CAD (Computer-Aided Design).
Non si fa più un paio di
scarpe con l’ago e il filo come poteva essere anche venti anni fa. Da un’analisi
condotta dal nostra associazione mancherebbero 2500 addetti e questi non si inventano
in due giorni.
E allora tutto il sistema della formazione secondaria, dei
licei e dell’università dovrebbe interagire di più, creando master brevi o
dedicando anni di specializzazione, in maniera che chi venga fuori
dall’università abbia non solo basi teoriche, ma possa essere operativo in tempi rapidi.
Quindi occorrono strumenti che mettano in contatto domanda e offerta di competenze...
Le competenze sono importantissime.
Deve essere rivalutato anche il mondo della psicologia
e dello studio attitudinale al lavoro, in modo da poter avere un indirizzo, un orientamento.
L’orientamento è importante, è inutile farlo post.
Occorrono competenze nel settore della sicurezza, ce ne sarà bisogno per i prossimi
anni, ma questo si diceva anche 30 anni fa e non ci sono ancora abbastanza
ingegneri informatici ad occuparsene.
Può avere importanza uno strumento che riveli le affinità delle città
italiane dal punto di vista delle categorie lavorative e sia capace di intercettare
il fabbisogno di competenze? Ad esempio dalla nostra ricerca è emerso che che Pisa è molto simile a Milano
ed altre città industriali...
Certo. Che Pisa sia simile a Milano lo dicono anche i dati storici.
Quando è nata l’informatica in Italia si pensava che la scienza dell’informazione
fosse giornalismo! Pisa ad esempio è importante perchè i grandi Big erano lì:
l’IBM, il centro di calcolo del ministero, l’Olivetti, forse più che a Milano.
A Milano c’erano le aziende, a Pisa la ricerca. Pisa continua ad essere un centro di ricerca:
l'Università, la Scuola Normale, Il Sant'Anna, tutte le eccellenze che si sono insediate
e rimangono lì.
La forza della città sono anche i suoi laboratori: ricerca applicata, non solo pura.
Molte spin off dei Big sono nate lì e sono aziende che hanno brillato.
Nuovi Orizzonti
Photo by Giuliano Gemma
Le nuove sfide tecnologiche ed i cambiamenti nell'acquisizione delle risorse umane
nell’era digitale pongono nuovi quesiti etici e sociali.
Come si adatterà la formazione per andare incontro alle attuali esigenze produttive?
Come cambieranno i processi produttivi ed i rapporti di forza fra domanda ed offerta di lavoro
se l'acquisizione di risorse e strumenti passa dall'incorporazione diretta delle start-up?
E quanto è pronto nostro Paese a tutto ciò?
La realtà sullo stato di informatizzazione delle aziende italiane, come anche più volte emerso
nel convegno, è piuttosto scoraggiante: solo il 32% ha un sito Web, il che, di questi tempi,
significa invisibilità. Spesso informatizzare significa usare strumenti di base.
L’automazione e l’integrazione dei sistemi legate ai finanziamenti del
programma Industria 4.0 spesso sono rimasti processi incompiuti.
Occorrono ancora molti sforzi per adeguare le aziende ed il mercato del lavoro alle nuove
sfide dell'era digitale, l'impressione è che si faccia molta fatica a comprendere
i fenomeni in atto e ad adeguarsi.
Magari è solo questione di tempo, ma il tempo nell'era digitale scorre sempre più veloce.