Nove Discere

L' innovazione delle piattaforme di e-learning


Introduzione


Tamdiu discendum est quamdiu nescias, [...] quamdiu vivas : “è necessario imparare finché non sai, anzi fino a quando sei in vita”. Così scriveva Seneca in un'epistola al suo amico Lucilio, sostenendo che non esista necessariamente uno spazio di vita limitato in cui si può imparare. Dopo duemila anni, la massima senecana è più che attuale e viene tradotta con il concetto di life-long learning. Ciascun professionista viene a contatto con questa filosofia, poiché il mercato richiede un aggiornamento costante del proprio bagaglio tecnico-culturale. Ma come avviene questo apprendimento? Siamo forse un po' come Lucilio convinti che si impari quando si va a scuola o all'università, noi sui banchi e i professori alla cattedra?

Il sapere è stato sempre dinamico, ma in particolar modo negli ultimi anni, anche a causa dell’innovazione tecnologica, la necessità di rimanere aggiornati ha spinto verso un continuo aggiornamento. Infatti, l'innovazione tecnologica è esplosa investendo tutti gli ambiti ed ha visto l'affermarsi della sharing economy, l'implementazione del digitale da parte di organizzazioni private attraverso l'industria 4.0 e la ormai chiara intenzione delle massime istituzioni pubbliche di migliorare i propri processi attraverso il ricorso alla digitalizzazione. Pertanto, viene richiesto a ognuno di noi di stare al passo, di aggiornarci costantemente, con un ciclo sempre più breve.

Il fenomeno dell’apprendimento continuo tramite la digitalizzazione si lega all’e-learning, ovvero la didattica online erogata da piattaforme web. Il bisogno di un aggiornamento continuo ha alimentato la crescita delle piattaforme e-learning, piattaforme online dove l'utente ha accesso, previo pagamento di un abbonamento mensile o dell’accesso al singolo corso, ad una varietà di contenuti video e non solo su temi differenti ed innovativi. Questi possono essere usufruiti comodamente da remoto agli orari preferiti, rendendo possibile una formazione ulteriore anche ai lavoratori. Per osservare il forte interesse consolidatosi negli anni, basta osservare l’andamento delle ricerche su Google Trends per la parola "e-learning" e le piattaforme di maggior successo: Udemy, EdX, Coursera, FutureLearn:

La maggior parte di queste piattaforme nasce nel 2012. È il caso di Coursera, EdX e FutureLearn. Addirittura, alcune prestigiose università americane, che hanno sempre difeso la loro esclusività accademica, hanno deciso di stringere delle collaborazioni con questi enti. Così il prestigio delle università che occupano il podio nelle classifiche mondiali diventò accessibile a chi prima non poteva permetterselo ed ora sono presenti nei cataloghi di questi siti sia Bachelor che Master a costi ridotti rispetto i corrispettivi erogati in presenza. Particolarmente avanguardista risultò Udemy, nata nel 2010, con un’offerta incentrata su singoli corsi tenuti da docenti appartenenti al mondo accademico e non, e con temi che comprendono anche l’hobbistica.

C'è stata però un'iniziale diffidenza verso queste piattaforme, ed è necessario aspettare il 2019 affinché un numero maggiore di utenti inizi a considerare seriamente di iscriversi. Il giudizio sulle piattaforme era e, per certi versi, ancora è inevitabilmente influenzato dalle perplessità sulla didattica online. Tuttavia, la pandemia ha messo in discussione i pregiudizi su questo tipo di didattica. Così tutto il mondo si è dovuto adattare all'e-learning che, per almeno un anno, è stata l'unica modalità con cui si potessero frequentare la scuola e l'università.

A partire, quindi, dalla necessità di aggiornarsi continuamente, e a fronte della pandemia, che ha un po' messo in discussione il vecchio paradigma della didattica, ci è parso interessante osservare più da vicino il ruolo di queste piattaforme studiando i loro business model, le tipologie di corsi offerti in modo comparativo e il successo riscosso tra gli utenti.



Piattaforme a confronto

Udemy prima per iscritti

La nostra ricerca si è concentrata su quattro piattaforme: Udemy, Coursera, EdX e FutureLearn. Facendo un confronto, emergono dei dati interessanti: tutte e quattro le piattaforme presentano corsi brevi, ad esempio, in Udemy la media della durata minima dei corsi è di 4 ore, in Coursera 14 ore e in Future Learn 16. Unica voce fuori dal coro è solo EdX, con una media di 31 ore. Questo ci dice che, in generale, le piattaforme preferiscono proporre corsi brevi e suddivisi ulteriormente in più lezioni di durata inferiore allo standard. Ciò significa che, quando l'argomento è vasto e corposo, viene spalmato e frammentato su più lezioni anziché di proporne un numero inferiore ma di durata maggiore. Questa scelta forse cerca di incentivare all'iscrizione gli utenti, che non si sentono così “sopraffatti” da un numero eccessivo di ore da seguire, oppure perché la fruizione di contenuti brevi è più alla portata di tutti e ritagliabile durante l’arco della giornata. Inoltre, la durata breve viene incontro anche alle capacità cognitive e alla soglia dell’attenzione dei lavoratori.



Per quanto concerne l'offerta formativa, sulla base dei nostri dati, possiamo distinguere per categorie i corsi delle piattaforme. Udemy mostra che quasi tutti le categorie vantano un numero simile di corsi (le prime sono “IT and software”, “marketing” e “business”); l’offerta si riduce notevolmente solo per le categorie “Photography & video” e “Music”. Coursera, invece, offre corsi sopratutto nelle categorie “Development”, “marketing”, “design”, “business” e “IT & Software”. Infine, Edx e FutureLearn mostrano un’offerta molto simile, privilegiando il settore “IT & Software”. In ottica comparativa, quindi, un minimo comune denominatore è indubbiamente la ricchezza di corsi in ambito tech. Questo si spiega, a nostro avviso, a partire da due considerazioni: da un lato, si tratta di un settore particolarmente florido, dove le competenze sono continuamente richieste dalle aziende. Dall’altro, invece, è chiaro che si tratta di competenze che possono essere apprese facilmente “da remoto”, o per lo meno in modo più semplice rispetto a un corso, ad esempio, di musica o fotografia.





Per quanto riguarda il prezzo, la maggioranza dei corsi risulta a pagamento. Udemy si rivela il più economico, con una media di 50 euro a corso. FutureLearn similmente mostra un costo medio di 63 euro. Di diverso respiro sono Coursera e EdX con un costo medio rispettivamente di 102 e 146 euro. Occorre specificare che Coursera, a differenza delle altre piattaforme, in cui si acquista semplicemente il corso, prevede il pagamento di un abbonamento mensile per accedere al corso. La cifra rivelata è relativa ai corsi senza certificazione. Chiedendone il rilascio, il prezzo sale a 2000/3000 euro. Anche le altre piattaforme rilasciano attestati di frequenza, ma la certificazione di Coursera prevede esami e revisione da parte di personale docente e ha un valore riconosciuto anche in ambito aziendale (questo spiega il costo più elevato). Da segnalare che tutte e quattro piattaforme, per attirare più utenti, propongono saltuariamente una piccola fetta di corsi free.



Le piattaforme nel tempo

L’interesse che scoppia durante la pandemia per poi decadere

Abbiamo detto che a partire dalla loro nascita le piattaforme hanno conosciuto una crescita progressiva, ma è davvero così? E la pandemia, quindi, che ruolo ha giocato in tutto questo? Se si guarda all'interesse emerso da Google Trends e l’offerta formativa distribuita per anno, si osserva effettivamente una progressiva crescita. Quello che suscita meno interesse FutureLearn, probabilmente perché i suoi corsi sono prevalentemente associati a università del Regno Unito e quindi immaginiamo che il bacino di utenza sia concentrato lì. Udemy è invece il player con un tasso di successo maggiore.

Come si poteva prevedere, poiché l’uso della rete e dei suoi servizi è esploso durante la pandemia: nel 2020, infatti, si osserva un'impennata incredibile per tutte e quattro le piattaforme sia in termini di trend topic che di offerta formativa e di numero di iscritti. Se si guarda, ad esempio, all'evoluzione temporale degli iscritti su Udemy, si conferma questo dato: il numero di iscritti sulla piattaforma cresce incredibilmente nel primo anno di pandemia. Il life long learning e il bisogno di aggiornarsi sono solo le condizioni di base che hanno permesso la progressiva crescita delle piattaforme ma la pandemia ha determinato quest'impennata di interesse e iscrizioni perché, immaginiamo, ha portato con sé dei cambiamenti importanti: le persone avevano più tempo libero (qualcuno ha perso il proprio impiego, qualcuno non può utilizzare il tempo libero come faceva prima, tra aperitivi, sport o cene al ristorante) e questo le spinse a decidere di imparare nuove materie magari per apprendere nuove skills e migliorare la condizione professionale, o anche semplicemente su spinta di una curiosità personale. Inoltre, il boom di iscritti è stato visto proprio in concomitanza delle categorie che potessero permettere dei lavori da remoto, o comunque che prevedessero una frequenza mista.


Ciò che invece è meno banale è il crollo del numero di iscritti dopo l’anno di pandemia. Lo osserviamo sia in Udemy, che in Coursera. C’è però una differenza: il numero di corsi in Udemy rimane pressoché simile, mentre Coursera dimezza la propria offerta formativa. Ma cosa determina questo crollo? Probabilmente una ragione è l’allentamento delle restrizioni, che ha permesso il ritorno ad una vita quanto più vicina alla normalità, riprendendo abitudini ed interazioni sociali che hanno diminuito l’utilizzo di smartphone ed altri device. C’è da tenere in considerazione che molti iscritti non portano a termine la visione di un corso e ciò può disincentivarli ad acquistarne di altri. Infine, un’altra motivazione può intravvedersi in quel fenomeno sociale “Le Grandi Dimissioni” originatosi negli USA, dove il bilanciamento tra vita privata e lavoro è particolarmente discutibile. In concomitanza alla pandemia, sempre più gente ha iniziato ad abbandonare il proprio lavoro a favore di un benessere mentale e fisico, puntando sullo sviluppo di sé stessi anche (dimostrato dalle iscrizioni a corsi di sviluppo e imprenditoria personale). A noi non interessa se questi corsi abbiano o meno comportato dei miglioramenti nella vita delle persone, ma il netto calo di studenti online per qualsiasi categoria delle varie piattaforme può essere visto anche come un contraccolpo di quell’ottimismo di voler formarsi in nome di un’idea di cambiare carriera e stile di vita poi abbandonata.


Udemy riscuote un successo maggiore rispetto alle altre piattaforme. Considerando il numero di iscritti come un indice di successo della piattaforma, dal momento in cui gli iscritti sono coloro che acquistano, si potrebbe supporre che ciò che influenza maggiormente l'acquisto sia il prezzo del corso, la sua durata, il numero di recensioni e il voto medio di queste ultime. Ad un'attenta analisi, operata attraverso l’impiego di modelli di Machine Learning applicati al dataset della piattaforma più popolare, si nota invece che i potenziali acquirenti dipendono esclusivamente dal numero di recensioni. Ma poiché è ovvio che, se un corso ha tanti studenti, ha altrettante recensioni, questa variabile non sembrerebbe realmente utile ad effettuare una predizione. Rimuovendo la stessa da quelle considerate, restano le altre variabili che però risultano statisticamente ininfluenti. Approfondendo il ruolo del contenuto delle recensioni, operato attraverso la sentiment analysis, emerge quanto sia importante per gli utenti il feedback di chi ha già seguito il corso. In particolare, i corsi con valori della sentiment positivi, hanno un numero di iscritti che supera di circa 4 volte quelli con valori di segno negativo. Si comprende che in un modello di piattaforma come Udemy, il wisdom of the crow vada a compensare la mancanza di autorevolezza propria dei corsi erogati da istituti Universitari così come avviene per piattaforme tipo Coursera.

Multiregression Feature Importance


L'opinione degli utenti

Il feedback positivo

Per comprendere quale fosse la percezione e l’opinione degli utenti rispetto ai corsi che avevano frequentato, abbiamo individuato la media delle recensioni effettuate dall’utenza sulle piattaforme: per Udemy, Coursera e FutureLearn si rileva un riscontro assolutamente positivo. Ciò significa che, sebbene le differenze che intercorrono tra di esse, e nonostante alcuni cambiamenti dell’offerta nel tempo, in ogni caso le piattaforme offrono dei corsi validi che soddisfano gli utenti. Questo ci induce a pensare, ad esempio, che la battuta di arresto in termini di iscrizioni potrebbe rappresentare solo una piccola parentesi negativa, e che quindi, dato che il prodotto formativo offerto è valido, nel prossimo futuro ci possa essere una ripresa.




E-learning: cosa ne pensano i docenti universitari? Intervista al Prof. Ferragina


Per approfondire l’aspetto della didattica online, che comunque concerne la nostra analisi, e, in particolar modo, per avere una visione sullo spaccato italiano, abbiamo avuto il piacere di poter intervistare Paolo Ferragina, professore e prorettore per l'informatica presso l'Università di Pisa.

Come ha reagito l’università al mutamento didattico introdotto dalla pandemia?

“Nonostante l'università fosse impreparata, è riuscita a dare una pronta risposta alle evenienze, procurandosi, ad esempio, le telecamere, potenziando la rete fissa e wifi, ampliando il DataCenter, acquistando tablet e quant’altro fosse necessario per erogare una didattica online di qualità. Molti colleghi si sono velocemente formati sull’utilizzo delle app con cui poter erogare i servizi di didattica a distanza. Faccio notare che siamo arrivati a pieno regime in un paio di settimane. Anni fa questa modalità era impensabile. Ora, invece, è la normalità parlare di videolezioni, riunioni in video-conferenza, smart-working, esami a distanza. Con questo tipo di tecnologie si aprono tante “possibilità” che prima non c’erano, tra cui quella di fare lauree internazionali riducendo gli spostamenti degli studenti, svolgere lezioni con speaker collegati da tutto il modo, realizzare meeting internazionali convocati in pochi giorni, ecc.. Per quanto riguarda l’efficacia della didattica interamente online ci sarebbe da discuterne. Non sono pienamente convinto che questa possa sostituire quella fatta in presenza, così come sono profondamente convinto che la didattica ibrida (o mista) sia di difficile gestione. Scambiarsi opinioni, confrontarsi dopo la lezione, aiutarsi a vicenda sono attività che sono precluse agli studenti “a distanza”, ma che in aula trovano spazio e potenziano la socialità e l’apprendimento. Il rischio di stare a casa è quello di sentirsi “esclusi”, perché il digital divide può diventare un learning divide per mancanza di dispositivi e connettività adeguati. L’uguaglianza che si trova tra i banchi è impossibile da garantire tecnologicamente a tutti gli studenti per questioni economiche e logistiche, e in alcuni casi anche di locazione geografica (abbiamo fatto esperienza di paesi vicino Pisa ove la banda di trasmissione era insufficiente per garantire lo streaming). Inoltre, sulla questione del rendimento studentesco sembra che in alcuni corsi di laurea si sia ridotto significativamente il numero di esami sostenuti proprio durante il periodo della pandemia. Si pensa che il motivo sia proprio da ricercarsi nell’importanza del confronto in aula, dello studio condiviso, e dell’interazione che innalza il tasso di coinvolgimento e quindi di impegno allo studio. Diverso può essere il discorso per i master per i quali la frequenza online è comoda per certe categorie di studenti, e può ampliare la base dei possibili fruitori di questa tipologia di formazione, come i professionisti, ma ciò richiede comunque di modificare l’erogazione per evitare proprio la didattica mista, eventualmente prevedendo doppie classi (in presenza e a distanza), oppure master erogati solo online. ”

La tendenza sembra che anche in Italia la didattica stia tornando in presenza.

“Certamente si vuole tornare in presenza, per i motivi su esposti. Ma l’idea è anche quella di sfruttare l’esperienza di questi anni per identificare nuove forme potenziate e ampliate di fruizione della didattica, quindi p.e. materiali video-registrati, ricevimenti online, attività integrative online, lezioni di speaker prestigiosi svolte a distanza, ecc..”

Guardando Coursera, dove ci sono partnership con molte università prestigiose e di conseguenza finanziamenti, sembra che l’UNIPI non segua questo modello di business.

“Innanzitutto, si deve tenere conto dei costi di produzione di questi contenuti che, per essere di qualità, sono elevati e richiedono il coinvolgimento di professionisti delle video-riprese. Non basta porsi davanti a una telecamera, svolgere e video-registrare una lezione “in presenza” e pensare che questa sia un contenuto à la Coursera. Finanziamenti extra-pubblici sono fondamentali per supportare queste iniziative.”

Relativamente all’Università di Pisa questa esperienza della digitalizzazione pensa che rimarrà come uno strumento ulteriore?

“Ho già accennato a questo aspetto precedentemente. L’esperienza di questi anni, e la formazione digitale del personale docente e tecnico-amministrativo è un valore da preservare, potenziare e utilizzare al meglio. Quindi ben vengano iniziative di fruizione mista che però non significa didattica ibrida, in quanto questa crea molte difficoltà nel docente, sull’infrastruttura, e sui discenti. Personalmente, mi piacerebbe usare i video già registrati per erogare quelle parti del corso che sono abbastanza “standard”, e quindi facilmente replicabili e integrabili con un buon libro di testo, lasciando maggior tempo a disposizione per approfondire un determinato argomento attraverso una didattica più interattiva, dove si discutono casi reali e possibilmente si coinvolgono gli studenti in lavori di gruppo. Forse quest’anno ci proverò…”

Queste piattaforme lei le vede come strumenti utili per gli studenti dove poter approfondire alcuni argomenti?

“Noi stiamo discutendo la possibilità di creare pillole-video per micro-corsi da offrire a studenti dei master o professionisti di aziende, proprio come fanno alcune di queste piattaforme. Oppure potrebbe trattarsi di pillole-video per presentare corsi e iniziative al fine di attirare studenti da altri Atenei per proseguire il loro percorso a Pisa, a livello di lauree magistrali, di dottorato o di master.”

Quello che sta dicendo è paragonabile a quanto è successo tra Udemy e Coursera. Udemy infatti tende più a proporre delle lezioni in pillole. Con la diffusione di internet il modello che si sta affermando è quello di Udemy.

“Certamente, appunto l’idea è di creare micro-corsi o micro-master per il life-long learning. Ma la questione richiede un “investimento” di risorse in tempo e professionalità, come già spiegato sopra.”

Per confrontare l’offerta delle università più tradizionali come quella di Pisa con quelle che invece si sono sempre orientate sul versante telematico. Nel periodo della pandemia è stato registrato un passaggio di studenti dalle telematiche a quelle tradizionali?

“Non ho dati su questo. Pisa punta e punterà sulla didattica in presenza. Siamo una Università in presenza, che crede nella comunità, seppure sempre aperti a sperimentazioni didattiche innovative purché inclusive, di qualità, e che potenzino la formazione e le specificità di ogni nostro singolo studente/ssa.”




Il team

Francesco Cappellini

Giuseppe Incarbone