Tecnofili o tecnofobi?

Viaggio nel mondo dell'innovazione tra paure e speranze per il futuro


Il futuro è "artificiale"

É alle battute finali il lavoro del gruppo di esperti reclutati dal MISE per “formulare proposte di policy per favorire lo sviluppo del settore dell’Intelligenza Artificiale […]. L’obiettivo è quello di far fronte alle diverse sfide a livello educativo, etico, imprenditoriale, infrastrutturale normativo e occupazionale.” (Fonte MISE).

A questo proposito abbiamo raggiunto Michela Milano, docente presso l’Università Di Bologna e membro del gruppo, che ci ha confermato che il documento ufficiale sarà pubblicato presumibilmente nel mese di luglio 2019.

L’intelligenza artificiale investe ormai moltissimi settori della vita quotidiana: dall’industria automobilistica, passando per agricoltura, sanità, sicurezza nazionale, fino ad arrivare ai comunissimi assistenti vocali integrati nei dispositivi mobili. La mutazione tecnologica è inarrestabile ma, come uno spettro, numerose questioni sono ancora da sciogliere. Ad esempio: quali saranno le conseguenze per il mondo del lavoro? Secondo la Milano, come in tutte le rivoluzioni industriali molti posti di lavoro si perderanno in favore di altre professionalità. Sarà fondamentale investire sul training on the job e sulla formazione continua dei laureati di vecchia data perché il mondo del lavoro è in continua evoluzione.


Le "ere" dell'Intelligenza Artificiale

Per comprendere come si disegnerà un futuro in cui l'Intelligenza Artificiale avrà un ruolo di primo piano, ci siamo fatti aiutare dai dati e dal parere di un altro eminente esperto, si tratta di Piero Poccianti, presidente dell'Associazione Italiana per l'Intelligenza Artificiale.

Secondo Poccianti “l’Artificial Intelligence, dal momento in cui si inizia a parlarne negli anni ’50, ha visto tanti momenti di grande entusiasmo e altrettanti momenti di disillusione. Nella prima era avevamo macchine molto scarse nella percezione, non avevano praticamente capacità di apprendimento e astrazione, ma erano in grado di fare reasoning. La seconda era è quella attuale, che gli americani chiamano dello Statistical Learning, con le macchine che cominciano ad imparare, hanno delle ottime capacità di percezione, ancora non sanno fare astrazione.

Gli esseri umani lavorano molto di analogia tra un mondo ed un altro, ad oggi le macchine questo non lo sanno ancora fare. La ricerca sta lavorando molto per cercare di mettere insieme queste peculiarità percettive, di apprendimento, quelle di ragionamento della prima era e raggiungere grosse capacità di astrazione e analogia."

USA: cosa ci raccontano i brevetti?

Gli USA sono considerati tuttora la "locomotiva" mondiale dell'innovazione in ambito tecnologico, nonostante l'avanzata della Cina che fa sentire la sua pressione al popolo della Silicon Valley.

L'analisi quantitativa si basa su una fonte dati che rappresenta una risorsa centrale per comprendere i flussi dell'innovazione: i brevetti. Sfruttando il loro potenziale previsionale, in grado di anticipare le tendenze future, cerchiamo di capire in che direzione sta andando lo sviluppo tecnologico.

Il grafico mostra quali aziende brevettano maggiormente nel settore dell'Intelligenza artificiale. (Fonte USPTO) I grossi colossi - i cosiddetti GAFAM - si trovano tutti nelle primissime posizioni, ma è certo che la IBM si attesta come l'indiscussa regina dell'AI. L'azienda vanta una tradizione lunghissima in questo ambito, con il suo Deep Blue che già nel '97 vinceva contro il campione mondiale di scacchi.

Le auto a guida autonoma rivoluzioneranno la mobilità

Uno scenario tangibile che rivoluzionerà le nostre vite nei prossimi anni lo delinea Antonello Rizzi, fondatore della start-up Sister Pomos, che si occupa di applicazioni di intelligenza artificiale nell'ambito dell'efficientamento energetico. "Ci sono temi che stanno per irrompere, le auto a guida autonoma abiliteranno una vera rivoluzione della mobilità, con la sparizione del veicolo di proprietà specialmente nei grandi centri urbani." Come? Attraverso i Robotaxi, idea lanciata da Elon Musk, n.1 di Tesla, che in occasione dell'Autonomy Day ha preannunciato che già a partire dal 2020 una flotta di un milione di robotaxi sarà pronta per essere immessa sul mercato.

I topic più caldi

Mediante l’analisi testuale di ben 120mila brevetti americani, è stato possibile estrarre i topic su cui si concentra maggiormente la ricerca, a partire dal 2008. Come vediamo alcuni filoni rappresentano una costante e riguardano tematiche specialistiche, come ad esempio le reti neurali oppure il computer quantistico, un elaboratore che sfrutta le leggi della fisica e della meccanica quantistica per superare le barriere dei super-computer e aprire nuovi scenari per l’AI. Negli ultimi anni, a confermare le parole di Rizzi, si brevetta molto in ambito trasporti, medico, biometrico, tutti settori che ci riguardano da vicino e che saranno centrali per determinare quanto l’Intelligenza Artificiale migliorerà la qualità della vita e dei servizi.

Cluster Anni 2008-2011

Cluster Anni 2012-2015

Cluster Anni 2016-2018

L'Intelligenza Artificiale e le crisi mondiali

Parlando del momento storico in cui ci troviamo per Piero Poccianti siamo "in una crisi a più sfaccettature: una crisi economica dovuta alle disuguaglianze a livelli non più sostenibili. Abbiamo inoltre una crisi della democrazia, perchè in quasi tutti i paesi del mondo la gente si fida meno della democrazia e, infine, una spaventosa crisi ambientale. Il tema centrale è che gli stessi economisti affermano che il modello economico non funziona più, dunque se noi iniettiamo l'AI in un modello economico obsoleto, non faremo altro che aumentare le disuguaglianze. Sarà necessario invece farci aiutare dall'AI a capire meglio il modello e cambiarlo, non guardando più al profitto ma al benessere delle persone."


Italia: a che punto siamo?

Il focus sulla situazione italiana è stato effettuato con l'analisi dei dati dell' Ufficio italiano brevetti e marchi. Nonostante l'andamento altalenante quello che emerge è che dal punto di vista inventivo il numero dei brevetti è aumentato negli anni, con il solo 2001 come annus horribilis e con un costante incremento soprattutto negli ultimi 5 anni. Analogamente, il numero di brevetti concessi resta invece molto lontano dalle cifre totali, sembrerebbe infatti che il semaforo verde scatti quasi sempre per circa 10 mila brevetti all'anno, ad eccezione del 2016, anno in cui si registra un picco di concessioni.

"Le fasi della concessione di un brevetto variano a seconda dell’ufficio brevetti competente anche se, in maniera generale, esse tendono a seguire uno schema comune."(Fonte UIBM). La controprova sulla diversificazione delle tempistiche è data dalle concessioni 2017 e 2018 che sono tuttora nell'ordine delle centinaia e che testimoniano accettazioni "a singhiozzo".

Inventori italiani: per quali aziende brevettano di più?

Gli inventori italiani, all'interno dei brevetti USPTO, sono stati estratti attraverso la locazione di origine. Nonostante nella classifica figurino colossi di settori differenti, farmaceutico, petrolchimico e così via, i cervelloni nostrani brevettano maggiormente nei settori dell'informatica e dell'elettronica, con STMicroeletronics e IBM su tutti.

La geografia dell'innovazione

Milano, a livello provinciale, si attesta come la "capitale dell'innovazione" con circa 14.000 brevetti. Abbastanza distanziate Torino e Roma con un numero di brevetti che si aggira intorno alle 4/5 mila unità. La caratterizzazione industriale del triangolo To-Mi-Ge viene dunque scardinata in favore di un triangolo a più ampio respiro che arriva fino a Roma.

In Italia 10mila start-up

Il dato del numero di start-up sul territorio nazionale può darci una visione a 360%, perchè tiene conto anche delle iniziative di inventori che si muovono nell'ambito dell'open-source. I dati ufficiali del Registro delle Imprese - aggiornati a giugno 2019 - parlano di circa 10 mila start-up innovative. Una prevalenza di aziende si registra, come previsto, nei grandi centri urbani. Milano e Roma distaccano sensibilmente le altre città.


Innovazione: la ricerca tra università e aziende

Quando si parla di innovazione si parla inevitabilmente di ricerca: i risultati prodotti possono portare a due strade percorribili ma che molto spesso finiscono per non incontrarsi: il brevetto e l'articolo scientifico. Questo è il pensiero di Antonello Rizzi, che abbiamo visto in precedenza in veste di startupper ma che vanta anche esperienza accademica come ricercatore alla Sapienza di Roma. Rizzi è dunque la figura trait d'union del nostro lavoro, in quanto capace di darci un quadro sia dal punto di vista della PMI che da quello universitario.

Il problema, secondo il nostro intervistato, è soprattutto italiano, con le grandi aziende che possiedono già un'area interna di Ricerca & Sviluppo e con una PMI che investe troppo poco in ricerca, molto spesso non possedendo una visione strategica sul futuro. La ricerca tipicamente può concludersi con risultati positivi o negativi, ma le piccole aziende non sono disposte a pagare il prezzo del rischio associato e "quando si rapportano con l'università lo fanno per ricevere consulenza da parte di manovalanza intellettuale pregiata".

La soluzione? Rizzi afferma che il cambio deve essere culturale, come avviene negli Stati Uniti in cui sono le aziende che vanno a bussare alle porte delle università.

Le grandi aziende mondiali citano gli atenei italiani

Analizzare le citazioni, all’interno dei brevetti, permette di visualizzare i flussi generati a partire dalle aziende che citano idee brevettate precedentemente in ambito accademico. Il dettaglio mostra come alcuni "colossi" - ad esempio Google, IBM, Samsung - abbiano citato, nei loro brevetti proprietari, professori di numerosi atenei italiani. Questo, se vogliamo, conferma le affermazioni di Rizzi, ossia l'attenzione che le aziende straniere - non solo americane - dimostrano nei confronti della ricerca internazionale.

In questa seconda visualizzazione cambia la granularità del nodo "accademico", con il dettaglio sui professori universitari degli atenei pisani citati dalle grandi aziende.


P-Wiser: il "Google Patents" degli atenei pisani

P-Wiser è una personalizzazione di Wiser - Wikipedia Expertise Ranking, sviluppato da Acube Lab afferente al Dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa. L'idea iniziale di Wiser è la realizzazione di un motore di ricerca semantico per la valorizzazione della ricerca e il trasferimento tecnologico di UNIPI.

Attraverso l'interfaccia di P-Wiser è possibile effettuare una ricerca "By Expertise", "By Name" e "By Topic". La prima, partendo da un topic produce un ranking di professori che hanno brevettato su quel particolare tema. Attraverso la ricerca per nome di un professore è possibile esplorare i brevetti che ha pubblicato. Infine attraverso la ricerca per topic è possibile visualizzare tutti i brevetti sulla tematica. Durante la fase di visualizzazione, cliccando sul Patent Number il sito reindirizza a Google Patents, da dove è possibile scaricare il brevetto originale.

Il video mostra le principali funzionalità, accedibili con un'interfaccia intuitiva.


Chi Siamo

Il progetto è stato realizzato da Eduardo Bondielli, Ilenia Galluccio, Luca Paganelli, Nunzia Squicciarini, Isaia Tarquini nell'ambito del Master in Big Data Analytics & Social Mining dell'Università di Pisa - Anno 2019.

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